“Farai delle figure in tale atto, il quale sia sufficiente a dimostrare quello che la figura ha nell’animo: altrimenti la tua arte non sarà laudabile.” Leonardo da Vinci
Molti sono i meccanismi psicologici che entrano in gioco quando si osserva un ritratto, che si tratti di pittura, scultura o fotografia. Anche nella fotografia, infatti, il ritratto ha una valenza particolare che riguarda chi lo fa, chi viene ripreso e anche chi osserva. Se è vero che alla base del ritratto c’è il desiderio dell’uomo di lasciare una traccia di sé, ci sono altre implicazioni più sottili che entrano in gioco: il voler dare di sé una determinata immagine pubblica, il desiderio di identificarsi, di specchiarsi, di sostituire la persona assente e molte altre. Ritrarre qualcuno ha dunque a che vedere anche con la capacità di ‘trarre fuori’, svelare qualcosa di intimo, di personale.
“Quell’espressione quell’accento quel segreto che gli sembrava d’esser lì lì per cogliere sul viso di lei era qualcosa che lo trascinava nelle sabbie mobili degli stati d’animo, degli umori, della psicologia: era anche lui uno di quelli che inseguono la vita che sfugge, un cacciatore dell’inafferrabile”. Da L’avventura di un fotografo – di Italo Calvino